Il Disegno di legge sull’intelligenza artificiale “Disposizioni e delega al Governo in materia di intelligenza…

L’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione centrale, il nuovissimo rapporto AgID
Andrea Tironi e Giovanni Bonati
Negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale (IA) è entrata anche nei palazzi della pubblica amministrazione. In che modo viene usata? Quali benefici porta ai cittadini? Quali rischi comporta? A queste domande ha risposto un’indagine nazionale condotta dall’Agenzia per l’Italia Digitale (da cui sono tratti dati e immagini pubblicate in questo articolo), che ha censito 120 progetti di IA avviati da 108 ministeri, enti pubblici e gestori di servizi di interesse nazionale, raccolti tra settembre e ottobre 2024.
Dove e perché si usa l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione?
La maggior parte dei progetti analizzati sono dedicati al miglioramento dell’efficienza interna (42%), come l’analisi automatica di documenti o la gestione dei dati. Un quarto (24%) punta a potenziare le capacità di analisi, mentre il 18% cerca di migliorare l’accesso ai servizi per cittadini e imprese. Oltre il 60% dei progetti analizzati utilizzati prevedono la realizzazione di chatbot e assistenti virtuali, ma la loro ampia diffusione sembrerebbe più rispondere a una spinta commerciale del mercato, piuttosto che a un’effettiva esigenza funzionale interna all’amministrazione.

Queste soluzioni si basano principalmente su tecniche di machine learning “tradizionale” (algoritmi che apprendono da dati), ma cresce anche l’uso dell’IA generativa, capace di creare testi o dialogare in linguaggio naturale. I dati usati sono spesso interni all’amministrazione e di tipo non strutturato, come testi o immagini. Tuttavia, la qualità di questi dati non è sempre all’altezza, con il rischi di ridurre l’efficacia delle soluzioni adottate.
Molti progetti sono ancora in fase iniziale o sperimentale. Pochi hanno già prodotto servizi operativi per i cittadini. La durata media è di due anni, ma spesso i tempi sono incerti. Il rischio è che queste iniziative restino isolate e non producano benefici concreti su larga scala.

In più della metà dei casi, le attività vengono affidate a società esterne. Le competenze interne alla PA sono spesso limitate, soprattutto nei profili chiave come programmatori, data scientist o esperti di IA. Anche le università e i centri di ricerca pubblici sono coinvolti in misura marginale, il che può ridurre l’autonomia e la capacità innovativa delle amministrazioni.

Quanto costano e come vengono finanziati i progetti?
Il valore medio di un progetto si aggira sui 3,2 milioni di euro, in gran parte finanziati da fondi pubblici nazionali o dal PNRR. Tuttavia, le procedure di acquisto non sono ancora del tutto adatte ai progetti di IA: si usano spesso gare ICT generiche, rischiando soluzioni non ottimali o il vincolo a fornitori unici.
L’impatto dell’intelligenza artificiale sui cittadini?
L’IA può rendere i servizi pubblici più rapidi, precisi e facili da usare, ma solo il 20% dei progetti ha definito indicatori per misurare questi impatti. La mancanza di KPI (indicatori di performance) mette in dubbio la reale capacità di valutare i benefici ottenuti.

L’IA consuma molta energia e può avere un impatto sull’ambiente. Le PA mostrano una certa attenzione al tema, ma c’è ancora molto da fare per progettare soluzioni davvero sostenibili. Anche dal punto di vista dei diritti e della privacy, il quadro è per ora rassicurante: solo una piccola parte dei progetti rientra nelle categorie “a rischio” definite dall’AI Act europeo.
Come migliorare?
Dal rapporto di AgID emergono alcuni spunti per migliorare l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle pubblica amministrazione, che sotto riportiamo in modo sintetico.
- Tecnologia sostenibile e integrata. Privilegiare soluzioni di Machine Learning tradizionali, affidabili e a basso impatto ambientale, evitando l’adozione acritica di IA generativa. L’IA deve integrarsi nei sistemi informativi esistenti per garantire coerenza ed efficienza.
- Qualità e gestione dei dati. Valorizzare fonti eterogenee assicurando standard elevati di accuratezza, affidabilità e interoperabilità, nel rispetto delle normative sulla privacy. Servono investimenti in formazione tecnica e sviluppo organizzativo per colmare i gap nella qualità dei dati.
- Procurement innovativo. Semplificare l’accesso alle soluzioni di IA tramite strumenti esistenti (per esempio gli accordi quadro CONSIP) e promuovere gare innovative, precedute da progetti pilota per testarne l’efficacia.
- Progettazione strategica. Pianificare in ottica di medio-lungo termine, definendo obiettivi, KPI e impatti fin dall’inizio. È fondamentale puntare su soluzioni scalabili, coinvolgere in modo trasversale le strutture interne e promuovere l’open innovation.
- Competenze e professionalità. Mappare le risorse interne, rafforzare le competenze in base ai ruoli e incentivare la creazione di nuove figure professionali dedicate all’IA, come l’AI Officer e il Data Steward, per presidiare in modo continuo l’adozione tecnologica.
L’Intelligenza Artificiale può migliorare i servizi pubblici, ma serve una strategia chiara, visione di lungo periodo e attenzione concreta alla qualità dei dati, alle tecnologie e ai diritti.