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Space Debris

Space economy, un universo di possibilità

La Space economy sembra una questione tanto affascinante quanto lontana per le persone comuni. Ma in realtà può avere sviluppi in diversi ambiti. Non è, insomma, una “corsa allo spazio da ricconi”.

La cosiddetta “corsa allo spazio” in effetti sembra, guardata da lontano, una cosa da filantropi, geni, miliardari, o visionari. Ma, nel concreto, la realtà è un’altra: esiste una vera e propria economia dello spazio, che ha toccato i 370 miliardi di dollari a livello globale di investimento (pubblico e privato) come ecosistema nel 2021, e che punta ai 650 miliardi nel 2031 e 1 trilione nel 2040, e che interessa molti ambiti tecnologici e sociali.

Settori di interesse

Molti settori sono sempre più interessati alla corsa allo spazio. Le assicurazioni, ad esempio, grazie ai dati satellitari potrebbero effettuare perizie da remoto facendo risparmiare sulle polizze.

O il settore dei trasporti, che può effettuare il tracciamento delle merci in movimento dalla fabbricazione alla destinazione.

Inoltre le immagini satellitari permettono di cogliere al meglio i cambiamenti, raccogliendo immagini in maniera periodica o continuativa, e di vedere come i cambiamenti climatici stanno cambiando laghi, fiumi e ghiacciai.

Anche la connettività può cambiare: grazie ai satelliti è possibile coprire con connessione internet zone dove sarebbe difficile arrivare da terra, oppure dove la connettività è stata bloccata. La connettività e la creazione di reti grazie ai satelliti (ad esempio la rete gps) sono al centro della corsa allo spazio.

I “rifiuti spaziali”

Lo spazio sta diventando un business per le aziende che si occupano di rifiuti spaziali: è infatti pieno di detriti derivanti dalle numerose missioni o oggetti inviati nello spazio dall’uomo (o di satelliti in avaria o in disuso). Tanto è vero che “il netturbino spaziale” è uno dei lavori che le aziende potrebbero fare nel futuro.

Nello spazio un oggetto, anche di pochi centimetri che viaggia a oltre cinque chilometri al secondo, può infatti creare grossi problemi a una stazione spaziale o a un satellite . Questo sia nell’orbita bassa che nell’orbita geostazionaria.

Space Debris

Immagine 1 – Immagine dell’ESA (Agenzia Europea Spaziale) che mostra la distribuzione dei rifiuti spaziali più grandi di 1 millimetro attorno alla terra.

La pubblicità e turismo

Nello spazio si potrebbe vedere anche vedere un nuovo tipo di pubblicità. Da grossi fasci di luce proiettati da diversi satelliti nell’orbita bassa visibili dalla terra, a un marchio sulla luna.

E poi c’è il turismo spaziale. Al momento è ancora per “pochi” (per una gita di pochi minuti a gravità zero si spendono dai 200 ai 500 mila euro). Ma sul futuro chissà.

Inoltre, la corsa allo spazio potrebbe aprire scenari minerari importanti (sfruttamento dei satelliti come la Luna o di nuovi minerali o materiali trovati su corpi spaziali extra terrestri).

E l’Italia?

L’Italia, ha 21 satelliti (al 2021) dei 4.550 in orbita. La maggior parte dei satelliti (oltre 2000) sono americani.

Grazie al documento “Italia Digitale 2026”, che qui riportiamo, si può avere una buona lettura della posizione italiana:

“Lo Spazio rappresenta un settore di forza per l’Italia e una grande opportunità di ulteriore sviluppo. Il Paese possiede importanti competenze scientifiche e una articolata filiera industriale riconosciuta apprezzata a livello globale, che rendono l’Italia uno degli attori principali nella new space economy”. Il Governo e il Mitd “hanno rinforzato gli investimenti, sia nazionali sia attraverso i contributi ai programmi opzionali dell’Esa e ai progetti della Nasa, per sfruttare questa opportunità e dare nuovo slancio al settore italiano dello Spazio“.

La strategia del Governo per il 2021-2026 “si basa sul consolidamento della presenza nel settore cosiddetto upstream: nei lanciatori (sostenendo lo sviluppo verso modelli riutilizzabili e a propellente liquido e verso nuove capacità di servizio in orbita), nei satelliti con molteplici caratteristiche operative (ottiche, radar, iperspettrali) fondamentali per potenziare le capacità di osservazione della terra e nei moduli spaziali funzionali all’esplorazione dello spazio“.

A questo si affianca “un crescente investimento nelle applicazioni downstream derivanti da nuove infrastrutture di osservazione della terra e dalle competenze tecnologiche in ambito Pnt (Positioning, navigation and timing). L’obiettivo è incrementare il ritorno degli investimenti pubblici nell’economia dello spazio e spingere un sempre più diffuso utilizzo dei dati provenienti dallo spazio per sviluppare servizi e applicazioni “a terra” e in tal modo soddisfare una crescente domanda istituzionale (monitoraggio climatico, previsioni meteorologiche, controllo del territorio e delle infrastrutture critiche e gestione di emergenze) e commerciale privata, sia nelle applicazioni industriali sia nei servizi al consumatore“.

Immagine 2 – Le attività Italiane della Space Economy documentate nel report Italia Digitale 2026 dall’Ex Ministro Colao

Il Piano “che integra risorse Pnrr e fondi nazionali con investimenti totali di poco al di sotto dei 5 miliardi di euro, sarà la base strategica per la prossima programmazione Ministeriale Esa 2023-25 da negoziare a fine novembre 2022. L’Italia può ambire a un ruolo di leader in molti ambiti (lanciatori, osservazione della terra, telecomunicazioni) e al consolidamento del posizionamento italiano nello sviluppo delle stazioni spaziali in orbita bassa e dei rapporti con la Nasa sul progetto Artemis (esplorazione della Luna), preparandosi alle prossime iniziative di esplorazione marziana”.

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