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La sindrome del burnout e l’impatto dell’iperconnessione

Cosa è il burnout 

Con il termine burnout si intende una situazione di stress, esaurimento o sfinimento che nasce in ambito lavorativo e si protrae a lungo nel tempo anche fuori del luogo di lavoro. Non si tratta di un disturbo mentale o di una condizione medica, ma di una sindrome classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come fenomeno occupazionale.

I fattori che possono generare una situazione di burnout sono molteplici: sovraccarico di lavoro, mancanza di controllo sulle proprie attività, insufficienza di ricompense e feedback, mancanza di senso di appartenenza alla propria realtà lavorativa, aspettative esagerate, eccessiva dedizione al lavoro, etc.

Chi ne soffre

La sindrome di burnout è diffusa tra tutte le tipologie di lavoratori e si traduce principalmente in stress e mancanza di senso di appartenenza alla propria realtà lavorativa.

La pandemia ha acutizzato questo fenomeno in alcuni ambiti lavorativi. Si parla per esempio di burnout sanitario di cui ne soffrono il 52% dei medici e il 45% degli infermieri che prestano la loro opera nei reparti ospedalieri di medicina interna. Nella Pubblica Amministrazione per esempio è emerso in questi anni il tema del burnout dei lavoratori costretti a passare in pochi giorni da un’organizzazione molto tradizionale del lavoro a una modalità agile. Si parta anche di burnout genitoriale che somma lo stress lavorativo a un esaurimento psicologico ed emotivo che induce madri e padri a sentirsi logorati dai propri figli e inadeguati alla loro educazione.

Alcuni dati

Alcuni osservatori che si occupano del benessere psicologico dei dipendenti delle aziende hanno calcolato come nel 2022 abbiano sofferto di burnout il 62% dei lavoratori, con picchi in alcuni settori particolari quale quello della sanità, dove ne soffrono 56.000 medici e 125.000 infermieri secondo le stime.

In queste ricerche emerge come ci sia poca correlazione tra burnout e reddito: uno studio americano ha calcolato una differenza inferiore in termini di persone coinvolte del 6%, confrontando chi  guadagna 100.000 dollari e chi 30.000 all’anno.

Sembra esserci inoltre poca correlazione anche tra la passione per il proprio lavoro e l’insorgere di burnout. Anzi è più probabile che soffra di questa sindrome chi è più appassionato, perché è più facile che sia soggetto a stress da carico di lavoro, ansia, equilibrio precario tra vita privata e lavoro.

Gli effetti dell’iperconnessione

Una recente ricerca dell’osservatorio del Consiglio nazionale dei giovani ha evidenziato come 6 giovani lavoratori su 10 abbiano sofferto di disagi sul luogo di lavoro, dovuti principalmente a esaurimenti emotivi da burnout.

Sui giovani in particolare gli effetti del burnout sono accentuati dal fenomeno dell’iperconnessione, che paradossalmente aumenta l’isolamento e la depressione. Le ultime ricerche rivelano come oltre il 47% dei giovani è connesso online per almeno 5 ore al giorno e come due su tre di loro lo sono per rimanere in contatto con gli amici.

L’iperconnessione riguarda anche il crescente impatto delle notifiche sul cellulare a cui siamo soggetti quotidianamente, che provocano distrazione continua spingendoci a controllare sempre il nostro dispositivo, generando difficoltà nel riprendere a lavorare o studiare da dove eravamo rimasti, e provocando ansia nel caso non si riesca a rispondere. Numerose ricerche evidenziano come a ogni interruzione dell’attività si deteriora il nostro coinvolgimento emotivo e cognitivo. In studi di laboratorio è stato osservato che il saltare mentalmente fra due compiti simultanei fa crollare l’efficienza del processamento cognitivo fino al 50% rispetto alla realizzazione degli stessi compiti in maniera sequenziale. In genere sono proprio i dispositivi digitali a essere responsabili delle interruzioni.

Chi monitora il fenomeno

Oggi non esiste ancora un sistema strutturato per monitorare il complesso fenomeno del burnout. Ci sono però alcune interessanti ricerche periodiche, tra le quali quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di alcuni osservatori indipendenti.

Proprio in relazione al fatto che il burnout nasce nei contesti lavorativi, è necessario che le aziende private e le organizzazioni pubbliche siano considerate attori fondamentali nelle politiche di analisi e contrasto di questa sindrome, intervenendo sul clima e sulla cultura organizzativa e rendendo maggiormente consapevoli sul problema le figure che ricoprono ruoli di responsabilità.

Le ricerche indicano come gli episodi di burnout sono aumentati dopo il Covid-19 e quindi il benessere sul posto di lavoro diventa una questione fondamentale per tutte le aziende del mondo.

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