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I tempi del procedimento amministrativo digitale

di Paola Consonni e Giuseppe Aquino

Nonostante le istanze digitali presentate alla pubblica amministrazione siano regolamentate da specifiche normative, quali il Codice dell’Amministrazione Digitale, la Legge n. 241 del 7 agosto 1990 costituisce la fonte principale per la conclusione dell’iter amministrativo anche per i procedimenti avviati digitalmente.

Infatti, l’art. 2 della Legge citata prevede che ogni procedimento amministrativo avviato su richiesta del cittadino (“utente privato”), a prescindere dalla modalità con cui la domanda sia presentata, debba concludersi con un provvedimento espresso. Il provvedimento può essere positivo, nel caso di accoglimento della richiesta, oppure negativo, nel caso di mancato accoglimento.

Se pensiamo, ad esempio, alla richiesta per il rilascio del permesso di costruire, il procedimento amministrativo inizia quando viene presentata la domanda al Comune. L’amministrazione deve quindi esaminare la richiesta, assicurarsi che rispetti tutte le regole e leggi e prendere una decisione sulla concessione del permesso.

Durante il procedimento, potrebbe essere necessario fornire documenti integrativi, rispondere a domande o attendere che l’amministrazione completi le verifiche necessarie. Il procedimento si concluderà con l’adozione della risposta in merito alla richiesta del permesso di costruire.

I tempi del procedimento amministrativo digitale: termine di 30, 90 o 180 giorni?

L’amministrazione è tenuta a rispondere in modo espresso e deve farlo entro un termine certo e definito. Sempre l’art. 2 della Legge 241/1990 prevede infatti che il termine di durata massima di un procedimento è in via generale di 90 giorni. Un’amministrazione può stabilire un termine diverso, comunque non superiore a 180 giorni, soltanto in via eccezionale, in casi di particolare complessità del procedimento, per ragioni fondate relative alla sostenibilità organizzativa dell’amministrazione o per la particolare rilevanza degli interessi pubblici in gioco.

Se la durata del procedimento deve sempre rispettare il termine massimo individuato da specifiche norme di legge di 90  o 180 giorni (solo in casi eccezionali), che cosa succede nel caso in cui non sia previsto un termine di conclusione del procedimento? In tal caso, per i procedimenti di competenza comunale, il Comune è tenuto ad individuare la durata con un apposito regolamento interno. 

Se il Comune non ha previsto un termine di conclusione del procedimento?

Qualora il termine del procedimento non sia previsto da alcuna fonte normativa e nemmeno il Comune abbia proceduto a individuare un termine di conclusione, l’art. 2, comma 2 della Legge 241/1990 prevede che il procedimento si debba concludere entro 30 giorni.

Potrebbe capitare quindi che la gestione di un procedimento richieda una durata superiore a 30 giorni, ma se non è stato sancito un termine espresso (per legge, in via generale, o per regolamento interno da parte del Comune), l’amministrazione comunale sarà tenuta a fornire una risposta entro 30 giorni.

Da quando decorrono i termini del procedimento digitale?

In via generale, per i procedimenti avviati su richiesta del cittadino, c.d. “ad istanza di parte”, i termini decorrono dal giorno in cui l’istanza giunge presso l’ente destinatario. Per i procedimenti digitali, è necessario tenere in considerazione quanto disposto dal comma 6 dell’art. 2 della Legge 241/1990: i termini di conclusione del procedimento decorrono dal ricevimento della domanda e non dalla sua protocollazione.

Il termine finale invece coincide con la data di adozione dell’atto conclusivo del procedimento. Tornando all’esempio iniziale, il permesso di costruire si intenderà adottato nel giorno in cui l’autorizzazione concessa (in caso di accoglimento della richiesta) o, in alternativa, l’atto di diniego (in caso di mancato accoglimento) verranno sottoscritti dal’’amministrazione.

La sospensione dei termini

Anche i termini del procedimento digitale possono essere sospesi soltanto una volta per un massimo di 30 giorni, per l’acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità, non attestati in documenti già in possesso della pubblica amministrazione (procedente o altre p.a.). Il procedimento potrà quindi durare 210, 120 o 60 giorni a seconda che i termini di conclusione siano originariamente fissati in 180, 90 o 30 giorni.

L’amministrazione può richiedere anche più volte l’integrazione documentale ma la sospensione di massimo 30 giorni si applicherà soltanto una volta.

Come è possibile ottenere una risposta se l’amministrazione non si pronuncia nei termini?

Se l’amministrazione non risponde nel termine previsto (30, 90 o 180 giorni, a cui possono sommarsi 30 giorni eventuali di sospensione per la richiesta di integrazioni), bisogna verificare se esiste una norma che qualifichi tale silenzio come “silenzio significativo”, attribuendo al silenzio dell’ente i medesimi effetti di una decisione espressa.

Solo se non esiste una norma specifica che stabilisce che il decorso dei termini del procedimento equivale ad accoglimento (c.d. “silenzio-assenso”) o rigetto (“silenzio-diniego”) della richiesta, l’omissione dell’amministrazione si traduce in un inadempimento.

Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell’amministrazione deve essere pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l’indicazione del soggetto o dell’unità organizzativa a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l’utente privato può rivolgersi in caso di silenzio-inadempimento dell’amministrazione. 

Quindi, decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento digitale, il soggetto titolare del potere sostitutivo, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto (15, 45 o 90 giorni), deve concludere il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario, fornendo una risposta esplicita al cittadino.

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