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Trasformazione digitale degli enti locali: quali sfide attende il Paese

Il Paese che ci aspetta nel 2026

La digitalizzazione della pubblica amministrazione rappresenta una delle principali sfide del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e uno dei sei pilasti per il rilancio dell’economia europea.

La transizione digitale della Pubblica amministrazione è contenuta nella Missione 1 del PNRR “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”, Componente 1 “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica amministrazione” e prevede 7 ambiti di investimento e 3 assi di riforma per un budget complessivo di 6,14 miliardi di euro ai quali si aggiungono 600 milioni di euro previsti dal “Piano Nazionale per gli investimenti complementari al PNRR”.

In questa sede ci concentriamo in particolare sulla transizione digitale della Pubblica amministrazione locale dove negli anni 2022 e 2023 sono stati attivati diversi avvisi da parte del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Attualmente gli enti locali e le società private, che hanno colto le opportunità di innovazione generate dal PNRR, sono impegnati proprio nell’attuazione degli interventi che sono stati finanziati.

I Comuni che hanno ottenuto finanziamenti all’interno degli avvisi del PNRR sono moltissimi e, se tutti porteranno a completamento i progetti previsti, nel 2026 vivremo, auspicabilmente, in un Paese dove:

  • i Comuni avranno messo i propri sistemi informativi in sicurezza in architetture cloud
  • i cittadini accederanno a portali Internet standardizzati attraverso la propria identità digitale, presenteranno le istanze digitalmente, effettueranno pagamenti online, consulteranno le proprie informazioni anche attraverso lo smartphone e riceveranno tutte le notifiche della pubblica amministrazione in modalità telematica
  • tutte le pubbliche amministrazioni saranno integrate e condivideranno i dati nel rispetto del principio del once only secondo il quale cittadini, istituzioni e aziende devono poter fornire le informazioni alle autorità e alle amministrazioni solo una volta.

Quali sfide

Se l’innovazione dipendesse solo dai dati e dalla tecnologie, lo scenario che abbiamo sopra descritto ci consentirebbe di essere estremamente ottimisti sul fatto nel 2026 vivremo finalmente in un Paese digitalmente migliore dal punto di vista dei rapporti tra la pubblica amministrazione, le imprese e i cittadini.

Transizione digitale significa però attuare i principi della cittadinanza digitale che possono essere soddisfatti solo affiancando a banche dati gestite in modo puntuale e a tecnologie innovative, persone con competenze adeguate e processi gestiti in modo efficace.

Da questo punto di vista ci sono una serie di ostacoli da superare per attuare una vera trasformazione digitale del Paese. In queste sede ne trattiamo tre che sono probabilmente i più urgenti da affrontare: la capacità di governare la transizione digitale nell’ente locale, la capacità di valorizzare gli investimenti nel tempo, la capacita di includere i cittadini.

La capacità di governare la transizione digitale nell’ente locale

Gli investimenti sulle tecnologie e le banche dati che abbiamo sopra richiamato saranno tanto più efficaci quanto più l’ente locale saprà indirizzarli e attuarli con una visione strategica.

Per questo assume un ruolo fondamentale la figura del Responsabile per la transizione digitale (RTD), istituita con l’articolo 17 del Decreto legislativo 07/03/2005, n. 82 “Codice dell’Amministrazione Digitale” per facilitare il processo di innovazione della pubblica amministrazione.

Questa figura, con i successivi Decreti legislativi 26/08/2016, n. 179 e 13/12/2017, n. 217 è diventata obbligatoria anche per gli enti locali, che devono individuare un ufficio dirigenziale a cui affidare la transizione digitale e attribuire al Responsabile per la transizione digitale il compito di coordinare la diffusione dei sistemi di identità digitale, del domicilio digitale e del processo di integrazione e di interoperabilità tra i sistemi.

Nel Rapporto elaborato dal Centro Studi Enti Locali per conto di Adnkronos, presentato il 30 ottobre 2023, emerge come circa 1.000 Comuni italiani non abbiano ancora nominato il Responsabile della transizione digitale.

Questo fenomeno, accentuato in alcune aree italiane, è presente in tutte le Regioni: i Comuni del Sud che non hanno ancora nominato un RTD sono 537 (52%), quelli del Centro 142 (14%) e quelli del Nord 355 (34%).

L’assenza negli organici di oltre mille enti locali delle figure manageriali apicali, che avrebbero proprio il compito di governare la transizione digitale, è un problema da non sottovalutare per l’attuazione del PNRR.

La capacità di valorizzare gli investimenti nel tempo

Gli investimenti sulle tecnologie e le banche dati che abbiamo sopra richiamato daranno un ritorno positivo nel tempo se saranno sostenuti da personale competente e numericamente adeguato per gestire le infrastrutture tecnologiche e i servizi digitali una volta che saranno realizzati.

Recenti fotografie degli organici comunali, realizzate sulla base della rielaborazione dei dati ISTAT e del Conto annuale del Ministero dell’economia e della Ragioneria generale dello Stato del 2023, evidenziano un quadro poco roseo soprattutto se si considerano le scadenze a cui i Comuni sono chiamati nella realizzazione dei progetti previsti nel PNRR.

In Italia un terzo dei municipi (2.437) ha in organico meno di 5 dipendenti a tempo pieno e indeterminato e oltre 400 Comuni non hanno nessun dipendente a tempo pieno e indeterminato. 

Nel Dossier di IFEL Fondazione ANCI “PNRR: il fattore umano”, presentato il 9 ottobre 2023, si evidenzia come, seppure stanno finalmente ripartendo le assunzioni e le politiche formative negli enti locali, la situazione rimane critica.

Tra il 2015 e il 2021 le dimissioni negli enti locali sono raddoppiate, raggiungendo 14.548 nel 2021. Tra dicembre 2021 e giugno 2023 si stima che il personale dei Comuni sia diminuito dell’1,1% (circa 3.800 unità).

Questi sono numeri preoccupanti poiché evidenziano il deficit di attrattività dei posti di lavoro pubblici, specialmente nei Comuni, dove i salari sono più bassi rispetto al settore privato in riferimento soprattutto ai profili tecnici.

La capacità di includere i cittadini

Tutte le misure relative alla transizione digitale della Pubblica amministrazione hanno come destinatario finale il cittadino, utente di servizi pubblici erogati in modalità digitale. La capacità dei cittadini di utilizzare in modo consapevole i nuovi servizi pubblici telematici diventa pertanto un importante fattore per determinare il successo degli investimenti fatti.

Secondo il Rapporto ISTAT “Cittadini e competenze digitali”, pubblicato il 22 giugno 2023, l’Italia occupa le ultime posizione nella graduatoria europea rispetto alle competenze digitali dei cittadini: solo il 46% della popolazione possiede competenze digitali di base.

Questo dato è confermato anche nel Rapporto della Commissione europea “Stato del decennio digitale”, pubblicato il 27 settembre 2023, dove emerge come l’Italia possieda un potenziale digitale non sfruttato che potrebbe contribuire in modo significativo a raggiungere gli obiettivi del decennio digitale dell’Unione europea.

Negli anni recenti l’Italia ha fatto significativi progressi in termini di infrastrutture, ma le sue performance rispetto alle competenze e alla digitalizzazione dei servizi pubblici sono ancora sotto la media dell’Unione europea. Questo rappresenta una minaccia alla possibilità della popolazione di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, di esercitare i propri diritti di cittadinanza digitale, di poter beneficiare delle politiche di inclusività.

Conclusioni

I dati sopra riportati mostrano come le istituzioni pubbliche e le organizzazioni private devono investire strutturalmente sul rafforzamento del personale degli enti locali (anche attraverso nuove politiche retributive) e sulle loro competenze, sulla capacità dei Comuni di governare l’innovazione portata dal PNRR e su azioni di supporto ai cittadini per contrastare le fragilità legate al divario digitale, generato da un utilizzo dei servizi online della pubblica amministrazione che lascia ancora escluse persone con particolari condizioni di reddito, istruzione, connettività, età, lingua, provenienza geografica.

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